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La sacra arte del vuoto: perché la vacuità è il cuore del Lalitya™ Yoga

  • divinaathena82
  • 3 giorni fa
  • Tempo di lettura: 3 min
donna che medita nella vacuità dello spazio

C’è un principio che attraversa ogni mia pratica, ogni mio insegnamento e ogni rituale: il vuoto è spazio sacro.

In sanscrito è sunyata, la vacuità; ed è uno dei pilastri dimenticati dello yoga contemporaneo.


Viviamo in un mondo che ci chiede continuamente di riempirci di impegni, pensieri, accumuli, aspettative… e, senza accorgercene, diventiamo contenitori stracolmi. Non c’è più spazio per respirare davvero, per sentire, per creare.

La vacuità ci ricorda che, senza il vuoto, il nuovo non può entrare.


Il vuoto come atto iniziatico


Nel Lalitya™ Yoga il concetto di vuoto è una vera pratica spirituale.

La pulizia, che sia fisica, energetica o emotiva, non è solo un dettaglio estetico o una semplice abitudine salutare: è un gesto di liberazione.


Più accumuliamo, più ci appesantiamo. Più tratteniamo, più le energie basse si attaccano alle pieghe sottili del corpo e del campo aurico.

Il vuoto, invece, è un atto di fede: lascio andare ciò che non sono più, per fare spazio a ciò che posso diventare.


È l’antica magia del “togliere”, che tutti conosciamo intuitivamente: quando fai ordine in una stanza, cambia anche la tua mente. Quando liberi un’emozione stagnante, si apre un varco di luce. Quando smetti di stringere i pugni, la vita può offrirti qualcosa da accogliere.


Negli asana creare spazio è più importante che essere flessibili


Una delle cose che ripeto spesso è: la flessibilità è marginale.

Sì, serve. Sì, può migliorare con la pratica. Ma non è il centro.


Quello che davvero cambia un asana è lo spazio.


Un corpo rigido può trasformarsi profondamente se impara a creare vuoto dentro di sé.

Come? Attraverso il respiro consapevole, l’allineamento, ma soprattutto attraverso i bandha.


Il potere dei bandha: generare vuoto, generare sicurezza


I bandha sono chiusure energetiche che, quando attivate correttamente, creano una sorta di “camera di espansione” interna, un vuoto che:


  • stabilizza,


  • protegge,


  • alleggerisce.



È grazie a questo vuoto che l’asana diventa più sicuro, più preciso, più radicato e più spazioso.


Quando attivi Mula Bandha, Uddiyana Bandha o Jalandhara Bandha, non stai solo lavorando sui muscoli profondi: ti stai aprendo alla possibilità di essere contenitore di spazio anziché di tensione.


È proprio quel vuoto che permette al corpo di entrare in posture che prima sembravano impossibili, non perché sei diventata più flessibile, ma perché sei diventata più capace di creare spazio.


Nella vita: il vuoto come disciplina del cuore


La vacuità non è un concetto filosofico astratto, né un atteggiamento passivo.

È una disciplina attiva del cuore.

È imparare a riconoscere quando stai trattenendo troppo, quando stai stringendo, quando ti stai aggrappando ad una versione di te che non vibra più.


Vuoto significa:


  • allontanarsi da relazioni che intossicano,


  • lasciare andare oggetti che non ci danno più gioia,


  • interrompere pensieri-parassita,


  • fermarsi prima di dire “sì” per abitudine,


  • rientrare nel corpo,


  • tornare al centro.



È così che l'energia vitale ricomincia a muoversi.


Il vuoto è il grembo del nuovo


Nel Lalitya™ Yoga lo ripeto sempre: il vuoto non è mancanza; è potenza creativa.

È come la terra in inverno: apparentemente quieta, ma piena di possibilità.

È come il silenzio tra due mantra: il luogo esatto dove l’energia si rigenera.


Lo spazio che crei oggi sarà il terreno fertile per ciò che vuoi manifestare domani.


E allora, in ogni asana, in ogni respiro, in ogni scelta, chiediti:


“Sto accumulando o sto creando spazio?”


È in questa domanda che comincia la trasformazione.



Simona


 
 
 

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